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Prospettive economia Italia 2022 e 2023

Il prospetto dell'ISTAT (comunicato stampa) del 7 giugno 2022 sull'economia in Italia lascia spazio ad un peggioramento del PIL in vista dei problemi legati alla guerra in Ucraina, al cambiamento climatico e alla pandemia Covid. Le previsioni sono di un Prodotto Interno Lordo + 2,8% per il 2022% e di un +1,9% per il 2023 sebbene il segno positivo sia solo il frutto di un Pil negativo del 2020 di -9%. e degli investimenti in costruzioni +5,5% (Bonus 110 e PNRR). Lo spettro della recessione è legato a fattori esterni non "governabili" con misure ordinarie.

Sul fronte occupazione il quadro sembra molto diverso a causa dell'aumento della mortalità e ad un cambiamento strutturale di filosofia di vita: il covid ha modificato profondamente il comportamento delle persone molto più attente oggi ad uno stile di vita accettabile a discapito del guadagno: il tasso di disoccupazione per il 2022 è stimato al 8,4% contro il 9,2% del 2020. 

Se da un lato abbiamo una visione del futuro negativa che impatta sulla quantità e qualità degli investimenti nuove opportunità all'orizzonte si scoprono attrattivi: la cura alle persone, agli animali, all'ambiente e alla sicurezza nazionale e privata.

Il cambio dollaro/euro riflette un peggioramento dell'economia europea rispetto agli Usa. Siamo tutti sulla stessa barca e chi gestisce meglio il nuovo "disordine" mondiale riuscirà a contenere l'impatto della crisi sulla tenuta sociale. Riproduzione Riservata

 

 

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La sfida per l'egemonia

Pare evidente che la sfida per l'egemonia mondiale si faccia sempre più agguerrita e pericolosa tra Cina, Russia e Usa.

La Cina, forte dell'innovazione tecnologica acquisita negli ultimi 10 anni in campo militare ed economico, con 1,4 miliardi di abitanti al momento è in pol position per definirsi super potenza ma al suo completamento manca l'annessione di Taiwan. L'isola di Formosa, come la chiamano i cinesi, infatti è considerata la chiave di volta per massimizzare la difesa strategica cinese. L'economia si sta trasformando da economia capitalistica ad economia di stato. C'è da valutare l'impatto di questa trasformazione nel quadro competitivo globale. Di norma, le economie capitalistiche hanno uno sviluppo tecnologico più rapido delle economie di stato ma nel quadro innovativo attuale la Cina può permettersi di sviluppare un modello alternativo e vincente. Ad oggi, il valore del PIL basato sulla parità del potere di acquisto (GDP PPP) pone la Cina al vertice della produzione economica con 3 mila miliardi di dollari di stacco nei confronti degli Usa.

Gli Usa, consapevoli del rischio di essere superati dalla Cina nel medio periodo (gli Usa sono ancora al vertice del GDP con 6 miliardi di dollari di stacco dalla Cina) cercano in tutti i modi di bloccare lo sviluppo economico cinese e l'invasione di Taiwan. L'economia Usa è stagnante e la perdita della posizione dominante rischia di ribaltare il GDP a vantaggio cinese.

La Russia, in crisi economica profonda, dopo l'inizio dell'invasione della Ucraina e a causa delle sanzioni economiche rischia di uscire dal circuito economico internazionale ma non da quello cinese. La domanda nasce spontanea, ma c'è un accordo tra Russia e Cina per contrastare l'egemonia Usa? Russia e Cina sono due paesi che aspirano entrambe all'egemonia, nel breve medio periodo potrebbero avere interessi in comune ma nel lungo periodo le relazioni potrebbero peggiorare a causa delle ambizioni e della forte differenza culturale.

Se il blocco occidentale sembra avere un vantaggio economico rispetto gli avversari, la forza militare è tutta a vantaggio del blocco orientale. L'utilizzo in Ucraina di missili ipersonici ne sono la prova, Russia e Cina possono colpire per primi avendo la certezza di andare a segno. Al momento il blocco occidentale non ha trovato uno deterrente valido ne ha sviluppato missili ipersonici pronti all'uso.

L'Ucraina rappresenta l'arena nella quale oggi le tre superpotenze si stanno confrontando. L'obiettivo di Putin sembra essere la totale annessione del paese nella sua sfera di controllo permettendogli di controllare l'Europa orientale e il Mar Nero. In caso di successo dei russi dell'invasione, l'Europa diventerà una cortina di ferro piena di soldati e il costo al rialzo delle materie prime di prima necessità rischiano di portare in recessione il continente, ci siamo quasi.

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Quando si parla di patrimonio culturale sicuramente non possiamo non fare riferimento al Belpaese, con i suoi 58 beni materiali e 15 immateriali patrocinati UNESCO, nel quadro della valutazione del patrimonio dell'umanità.
Tuttavia è impossibile non dare il minimo conto all'excursus economico che regola queste opere e beni, sia da parte di chi mette a disposizione il bene, sia da parte di chi ne fruisce, talvolta contribuendo al suo mantenimento generale.


La figura di riferimento in questo caso è proprio quella della "messa a disposizione", poichè molto spesso l'apertura ad un pubblico decresce in modo sostanziale le spese di mantenimento del proprietario, costretto a sostenere gravi spese a seconda di vari parametri, tra i quali l'importanza culturale stessa del bene. Questo ovviamente viaggia su due binari paralleli: il settore privato e quello pubblico. Quest'ultimo, come ad esempio nel caso UNESCO, vive di donazioni da parte di privati, di turismo o di relazioni istituzionali (soprattutto quando si tratta di un bene di interesse mondiale). Viene da sè che il settore privato e quello pubblico in molti casi debbano cooperare verso degli obbiettivi, a maggior ragione laddove anche la figura del proprietario e del visitatore sono in realtà la stessa entità.


Ma ci si chiederà inoltre dove va a finire l'effetto della fruizione culturale. Citando dei dati del MiBACT, i musei statali e le attività culturali del settore pubblico fatturano solo l'1,6% del PIL, il che è sicuramente indice di una profonda negligenza al livello della messa a disposizione, che ignora anche quel che potrebbe scaturire positivamente da una corretta regolamentazione del bene.
Non solo il settore culturale si scontra con tutta una serie di microeconomie sommerse, ma quel che viene regolamentato subisce anche il calo delle visite dovuto ad una cattiva organizzazione, e al mancato sfruttamento delle infinite possibilità della grandezza del nostro patrimonio, sia in termini qualitativi che quantitativi. Ci troviamo così di fronte alla stagnazione se non ad una prospettiva in minuendo, se non vengono applicate forti politiche di valorizzazione, in cui il controllo artistico e fiscale, valoriale ed archivistico sono a servizio della fruizione e dell'aumento del PIL. Importantissimo dovrebbe essere anche l'inserimento nei siti UNESCO e nel piano regolatore
di beni caduti in disuso, che necessitano al più presto interventi di natura conservativa e integrativa, così da poter contare, grazie all'unità di intenti e di risorse, su un futuro economico teso alla crescita e all'abbattimento della corruzione, dello sfruttamento indiscriminato, e dell'imperante ambiguità che non consente un'organizzazione esaustiva, inficiata dalla mancanza di coesione dei vari enti.


Attraverso il '900 i valori artistici, e i vari personaggi che lavorano nel mondo dell'arte subiscono un profondo cambiamento che continua ancora ai giorni nostri, proprio a causa del confronto vigente con l'economia. La tendenza resta quella di uniformare la resa artistica a quella economica proiettandoli verso l'unità, similmente all'esperienza di Giorgio Strehler al Piccolo di Milano. Egli tentò di dare nuova linfa alle varie parti coinvolte nell'universo del Teatro che risentiva, proprio a causa del numero delle parti e di altri aspetti, proprio della mancanza di coesione e di prassi economiche obsolete, le quali pregiudicavano l'arte del teatro stesso.


Oggi sarebbe auspicabile un atteggiamento maggioritario di controllo capillare sulle varie donazioni da parti pubbliche e private al fine di tutelare il bene ed evitare la svendita delle poche risorse per attività criminose, causa principale dell'insufficienza economica e della poca limpidezza di dati. Investire nell'arte è diventato rischioso in assenza degli antichi mecenati di un tempo, ma quanto in tutto ciò sono importanti la pubblicità e la comunicazione? Estremamente, se si guarda alla possibilità di un futuro migliore per tutti, che possa partire anche da cooperative autonome in grado di far giungere una testimonianza di possibilità (sia a esperti di ricezione culturale che ad investitori); un futuro contro coloro che pensano di lucrare sul passato e che producono poi l'effetto opposto, escludendo un benessere duraturo.

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immagine: la Valle dei Templi di Agrigento (www.parcovalledeitempli.it)

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