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ORO: investimento sicuro?

Investire nell’oro

L’oro viene considerato da sempre come un “bene rifugio” al quale fare affidamento e nel quale trovare una stabilità finanziaria nei momenti di difficoltà.

L’oro è un investimento monetario relativamente sicuro anche in periodi turbolenti e dovrebbe quindi far parte di ogni portafoglio ben diversificato, in quanto in una visione a lungo termine si dimostra efficace allo scopo di preservare il potere d’acquisto.La scelta della forma di investimento più adatta dipende dalle esigenze e dai valori di ogni persona.

Le principali forme di investimento in oro sono:

  • lingotti d’oro
  • monete
  • ETF/Fondi/Certificati
  • Azioni di società minerarie

Vantaggi e svantaggi di detenere oro

Vantaggi: È facilmente liquidabile sia che si tratti di oro fisico che di oro finanziario e offre dunque la possibilità di accedervi in qualsiasi momento. Inoltre può aiutare a ridurre il rischio complessivo di un portafoglio in quanto il suo valore è stabile nel tempo. È un bene scarso e non corre il rischio di default.

Svantaggi: costi per assicurazione, trasporto e custodia sicura. Non protegge in caso di inflazione al rialzo. Le oscillazioni di prezzo dell’oro sono lente. Normalmente il prezzo sale in caso di crisi economica e scende con la ripresa; la volatilità è, di solito, contenuta e questo è uno svantaggio in caso di discesa del prezzo perché servirà tempo per recuperare.

Il modo classico per l’acquisto è allo sportello della banca o presso un commerciante d’oro e il formato più diffuso sono i lingotti compresi tra 1 grammo e 1 chilo. Tanto più piccolo è il taglio più grandi sono i costi, ovvero lo spread tra il prezzo d’acquisto e il prezzo di vendita.

Nel caso invece di investimenti in ETF, questi riproducono il prezzo dell’oro con un rapporto di quasi uno a uno in modo tale che all’aumentare del prezzo dell’oro aumenti anche il valore dell’ETF. Inoltre gli ETF in oro sono negoziati in borsa e quindi possono essere comprati e venduti con facilità.

L’idea che l’oro protegga il valore d’acquisto risale agli anni ‘70 quando negli Stati Uniti i prezzi crescevano del 9% all’anno e l’oro più che compensava questa crescita con un aumento in media del 35% all’anno.  L’aumento dell’inflazione, però, provocò delle conseguenze anche per l’oro che, negli anni successivi, non offrì un paracadute dalla crescita inflattiva. Nelle ultime settimane però le cose stanno cambiando…

L’oro risente anche dell’umore dei mercati azionari. Infatti, esso tende a perdere valore quando i mercati azionari crescono. Nel caso invece di un confronto col dollaro notiamo, storicamente, un andamento inverso ovvero quando il dollaro si rafforza, il prezzo dell’oro tende a diminuire.  

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Quando si parla di patrimonio culturale sicuramente non possiamo non fare riferimento al Belpaese, con i suoi 58 beni materiali e 15 immateriali patrocinati UNESCO, nel quadro della valutazione del patrimonio dell'umanità.
Tuttavia è impossibile non dare il minimo conto all'excursus economico che regola queste opere e beni, sia da parte di chi mette a disposizione il bene, sia da parte di chi ne fruisce, talvolta contribuendo al suo mantenimento generale.


La figura di riferimento in questo caso è proprio quella della "messa a disposizione", poichè molto spesso l'apertura ad un pubblico decresce in modo sostanziale le spese di mantenimento del proprietario, costretto a sostenere gravi spese a seconda di vari parametri, tra i quali l'importanza culturale stessa del bene. Questo ovviamente viaggia su due binari paralleli: il settore privato e quello pubblico. Quest'ultimo, come ad esempio nel caso UNESCO, vive di donazioni da parte di privati, di turismo o di relazioni istituzionali (soprattutto quando si tratta di un bene di interesse mondiale). Viene da sè che il settore privato e quello pubblico in molti casi debbano cooperare verso degli obbiettivi, a maggior ragione laddove anche la figura del proprietario e del visitatore sono in realtà la stessa entità.


Ma ci si chiederà inoltre dove va a finire l'effetto della fruizione culturale. Citando dei dati del MiBACT, i musei statali e le attività culturali del settore pubblico fatturano solo l'1,6% del PIL, il che è sicuramente indice di una profonda negligenza al livello della messa a disposizione, che ignora anche quel che potrebbe scaturire positivamente da una corretta regolamentazione del bene.
Non solo il settore culturale si scontra con tutta una serie di microeconomie sommerse, ma quel che viene regolamentato subisce anche il calo delle visite dovuto ad una cattiva organizzazione, e al mancato sfruttamento delle infinite possibilità della grandezza del nostro patrimonio, sia in termini qualitativi che quantitativi. Ci troviamo così di fronte alla stagnazione se non ad una prospettiva in minuendo, se non vengono applicate forti politiche di valorizzazione, in cui il controllo artistico e fiscale, valoriale ed archivistico sono a servizio della fruizione e dell'aumento del PIL. Importantissimo dovrebbe essere anche l'inserimento nei siti UNESCO e nel piano regolatore
di beni caduti in disuso, che necessitano al più presto interventi di natura conservativa e integrativa, così da poter contare, grazie all'unità di intenti e di risorse, su un futuro economico teso alla crescita e all'abbattimento della corruzione, dello sfruttamento indiscriminato, e dell'imperante ambiguità che non consente un'organizzazione esaustiva, inficiata dalla mancanza di coesione dei vari enti.


Attraverso il '900 i valori artistici, e i vari personaggi che lavorano nel mondo dell'arte subiscono un profondo cambiamento che continua ancora ai giorni nostri, proprio a causa del confronto vigente con l'economia. La tendenza resta quella di uniformare la resa artistica a quella economica proiettandoli verso l'unità, similmente all'esperienza di Giorgio Strehler al Piccolo di Milano. Egli tentò di dare nuova linfa alle varie parti coinvolte nell'universo del Teatro che risentiva, proprio a causa del numero delle parti e di altri aspetti, proprio della mancanza di coesione e di prassi economiche obsolete, le quali pregiudicavano l'arte del teatro stesso.


Oggi sarebbe auspicabile un atteggiamento maggioritario di controllo capillare sulle varie donazioni da parti pubbliche e private al fine di tutelare il bene ed evitare la svendita delle poche risorse per attività criminose, causa principale dell'insufficienza economica e della poca limpidezza di dati. Investire nell'arte è diventato rischioso in assenza degli antichi mecenati di un tempo, ma quanto in tutto ciò sono importanti la pubblicità e la comunicazione? Estremamente, se si guarda alla possibilità di un futuro migliore per tutti, che possa partire anche da cooperative autonome in grado di far giungere una testimonianza di possibilità (sia a esperti di ricezione culturale che ad investitori); un futuro contro coloro che pensano di lucrare sul passato e che producono poi l'effetto opposto, escludendo un benessere duraturo.

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immagine: la Valle dei Templi di Agrigento (www.parcovalledeitempli.it)

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